Nota: le mie convenzioni potranno essere modificate in futuro. Questo fatto crea problemi nel caso in cui abbia scritto un documento seguendo convenzioni che considero superate. Per questo motivo ogni convenzione deve avere un link alla convenzione immediatamente precedente nel tempo e i documenti debbono fare riferimento alla convenzione datata a cui si riferiscono.
Non esiste convenzione precedeente a questa.

Le mie ( GB8NI200707) convenzioni per le missivele

Data la necessità di scrivere formule matematiche 
in documenti di puro testo ( come le missive di 
posta elettronica dette missivele), stabilisco qui 
una serie di convenzioni a cui cercherò di attenermi
rigorosamente. Inviando queste convenzioni 
al mio destinatario sarà possibile evitare 
equivoci e il ricevente potrà trascrivere 
fedelmente le formule nella loro notazione 
standard.
Le convenzioni tengono conto delle necessità del calcolo
tensoriale il quale fa largo uso di indici scritti in alto
(detti controvarianti o apici) e di indici scritti in basso
(detti covarianti o pedici).

Elenco ora le convenzioni scritte a lettere maiuscole 
e seguite da commenti esplicativi ma anche
integrativi e da esempi scritti tutti in minuscolo.

IL NOME DELLE VARIABILI E' COSTITUITO DA VARI
CARATTERI ALFANUMERICI ( CARATTERI ALFABETICI CON
DISTINZIONE TRA MAIUSCOLI E MINUSCOLI E CIFRE ).
IL NOME INIZIA CON UN CARATTERE ALFABETICO
E DEVE SEMPRE ESSERE CONCLUSO DA UN CARATTERE
TERMINALE SCELTO TRA I SEGUENTI CINQUE: °|'|"|`|#.
IL CARATTERE GRADO ° INDICA UNA VARIABILE
SCRITTA IN MODO NORMALE O CORSIVO MENTRE IL 
CARATTERE CONTROAPICE ` INDICA UN NOME 
SCRITTO IN GRASSETTO.
IL CARATTERE PRIMO ' E SECONDO " SERVONO DI SOLITO
PER INDICARE VARIABILI DERIVATE TOTALI PRIME E 
SECONDE RISPETTO AD UNA SOTTINTESA 
VARIABILE INDIPENDENTE MA POSSONO ESSERE
USATI SEMPLICEMENTE PER CREARE VARIANTI
DI NOMI TERMINATI IN ALTRO MODO.
DIVERSI TERMINATORI CONSECUTIVI INDICANO
UN CARATTERE TERMINALE COMPLESSO ED
OVVIAMENTE LA RACCOMANDAZIONE E' QUELLA
DI USARE CARATTERI TERMINALI COMPLESSI
SOLO SE STRETTAMENTE NECESSARIO. 
SE L'ULTIMO DEI CARATTERI TERMINALI
E' UN CANCELLETTO # VUOL DIRE CHE IL SIMBOLO
HA FUNZIONE DI OPERATORE E DUNQUE
LA VARIABILE CHE SEGUE ( E QUELLA CHE PRECEDE
SE L'OPERATORE E' BINARIO ) VIENE MOLTIPLICATA IN 
SENSO OPERATORIALE (DUNQUE NON NECESSARIAMENTE
USANDO UNA MOLTIPLICAZIONE ARITMETICA).

Sulla tastiera italiana manca il carattere 
controapice corrispondente all'unicode ` 
ottenibile con la combinazione Alt+096.
Non essendo possibile usare caratteri greci
o in corsivo o in grassetto è obbligatorio far
uso di nomi costituiti da più caratteri.
Il carattere terminale deve essere veramente
l'ultimo carattere del nome ma fa parte del 
nome ossia variabili con caratteri terminali
diversi sono diverse.
Non è obbligatorio ma, per esempio,
il simbolo di derivata totale rispetto a t° 
potrebbe essere indicato con d#t°# mentre
il simbolo di derivata parziale rispetto
a x° potrebbe essere dp#x°#.
Se dunque si vuol derivare la funzione a°==
a(t°)° rispetto a t° si deve scrivere d#t°#a°.
L'integrale indefinito rispetto
alla variabile x° potrebbe essere indicato
da i#x°# mentre l'integrale definito
tra a° e b° potrebbe essere scritto come i#a°#b°#x°#
ossia in modo un po' lungo ma non equivoco.

Gli operatori del calcolo vettoriale
possono essere indicati con rotore rot#
(in inglese curl#) , gradiente grad#,
divergenza div# , nabla# e così via. 
Il prodotto scalare può essere
scritto come scal# ed il prodotto esterno
ovvero vettoriale può essere scritto con
il simbolo vet#. Pertanto rot# corrisponde 
a nabla#vet# mentre div# corrisponde a nabla#scal#.

Se r` e' un vettore che, normalmente
andrebbe scritto in grassetto (detto bold
in inglese), r° rappresenta
la sua norma che, solitamente, viene
rappresentata usando lo stesso simbolo ma in 
corsivo ( detto italico in inglese ) .
Se poi scrivessi a`' sarebbe intuitivo 
supporre che si tratta del vettore derivato 
di a` rispetto alla variabile indipendente
sottintesa (ad esempio il tempo o
il tempo proprio).
La derivata prima di a° si scrive, 
concisamente ma intuitivamente come a' ma 
se si vuole enfatizzare il fatto che 
riguardi a° e non a` si potrebbe scegliere 
di scriverla a°'.
Dato che gli indici non hanno carattere
terminale non è ammesso sottintendere
la moltiplicazione degli indici 
e dunque oltre a poter scrivere a;j+1° 
debbo obbligatoriamente scrivere a;k*2-1°
perché k2 verrebbe inteso come il
nome di un indice composto da due caratteri. 

LO SPAZIO/I BIANCO/I SUCCESSIVO AD UN NUMERO 
COMPOSTO DA PIU' CIFRE E' AMMESSO COME
CARATTERE TERMINALE. QUALSIASI CARATTERE
TERMINALE POSTO AL TERMINE DI UN NUMERO
NON NE CAMBIA IL VALORE ESPLICITO
MA PUO' SERVIRE A SEGNALARE L'USO
DI UNA PARTICOLARE UNITA' DI MISURA.
SE DUE NUMERI CON CARATTERE TERMINALE
DIVERSO SONO SCRITTI CONSECUTIVAMENTE
L'OPERAZIONE IMPLICITA NON E' LA MOLTIPLICAZIONE
MA L'ADDIZIONE E I NUMERI, PRIMA DI ESSERE
SOMMATI SONO IMPLICITAMENTE TRASFORMATI
NELL'UNITA' DI MISURA DEL PRIMO ADDENDO.

Si tratta di una regola che, se non
conosciuta si presta a fraintendimenti
e quindi sarebbe opportuno citarla prima di
scrivere, ad esempio 1° == 60' essendo inteso
che i numeri seguiti da ° indicano gradi, quelli
terminati con ' indicano primi ossia
sessantesimi di grado e quelli
seguiti da " indicano secondi ossia tremilaseicentesimi
di grado. Il risultato di 9°30'18" sarebbe
9.505 gradi ossia 9.505° ossia 9+30/60+18/3600 .
Si noti che scrivendo 30'9°18" si
ottiene 570.3 primi ossia 570.3' e 
scrivendo 18"9°30' si ottiene 34218 secondi 
ossia 34218".
Tuttavia è evidente la cervelloticità
della regola che, se ignorata,
produce fraintendimenti e confusione
e  quindi il suggerimento è di ribadirla 
esplicitamente o meglio, se possibile, non 
farne uso.

I CINQUE CARATTERI ,|;|_|~|^ FUNGONO DA INDICI.
I NOMI DEGLI INDICI SONO PRECEDUTI DAI CARATTERI
CHE INDICANO LA LORO NATURA E CHE SONO ANTEPOSTI
AL NOME VERO E PROPRIO E NON FANNO USO
DI CARATTERE TERMINALE. 
I CARATTERI PUNTEVIRGOLA ; E TILDE ~ INDICANO 
UN INDICE IN ALTO DETTO APICE O, IN LINGUAGGIO 
TENSORIALE,  CONTROVARIANTE. 
I CARATTERI VIRGOLA , E BARRASOTTO _ INDICANO
UN INDICE IN BASSO DETTO PEDICE O, IN LINGUAGGIO
TENSORIALE, COVARIANTE. 
IL CARATTERE CAPPELLETTO ^ NON HA NATURA 
CONTROVARIANTE BENCHE' PRECEDA UN APICE 
MA E' INDICATIVO DELL'ELEVAZIONE A POTENZA 
E VA POSTO ALLA FINE DEGLI ALTRI INDICI. 
IL CARATTERE TERMINATORE DI FINE VARIABILE 
VA POSTO DOPO LA EVENTUALE SEQUENZA DI 
APICI E PEDICI ESPLICITATI.
IN AMBITO TENSORIALE L'ASSENZA DI INDICI COVARIANTI
O CONTROVARIANTI INDICA UNO SCALARE, 
UN SOLO INDICE INDICA UN VETTORE, DUE INDICI 
UN TENSORE DEL SECOND'ORDINE E COSI' VIA.
DATO CHE I NOMI DEGLI INDICI NON DEVONO
AVERE CARATTERE TERMINALE, SE OCCORRESSE USARE
COME INDICE UNA VARIABILE CON CARATTERE TERMINALE
SI DEVE RACCHIUDERE L'INDICE TRA PARENTESI
TONDE.

Sulla tastiera italiana manca il carattere tilde
ossia ~ che corrisponde, in Unicode, a ~
e si ottiene premendo Alt+126.
Per evidenziare la natura vettoriale di una
variabile è ammesso sottintendere la variabile
che rappresenta l'indice ma occorre specificare
sempre il carattere indicativo ossia a,° è
un vettore le cui componenti possono essere 
genericamente indicate con a,i° se in forma 
covariante oppure con a;i° se in forma 
controvariante. In relatività la numerazione
delle componenti parte da 0 che è la componente
temporale mentre le componenti spaziali sono
la 1,2 e 3.Dunque la componente temporale di a,i°
è a,0° mentre le tre componenti spaziali
sono a,1°,a,2°,a,3°. Lo stesso vettore ma in
forma controvariante ha le componenti a;0°,
a;1°,a;2° e a;3°. Il tensore metrico
che consente di trasformare un vettore in
forma controvariante nell'analogo in
forma covariante si indica solitamente con g,,°
se doppiamente covariante oppure con g;;°
se doppiamente controvariante.
Se debbo elevare a° alla potenza b° così
scritta perchè definita altrove, 
debbo scrivere a^(b°)° per evitare equivoci
che nascerebbero scrivendo a^b°° perché in
questo caso potrei intendere di aver elevato 
lo scalare a°° alla potenza b (che essendo un 
indice non ha carattere terminale).
A rigore la derivata totale rispetto
a x° andrebbe scritta come d#(x°)# ma
se non esiste ambiguità è abbreviabile in d#x°#
ossia accettando il rischio dell'equivoco 
che °# sia un insolito carattere terminale.
La derivata seconda sarebbe d^2#x^2°#
e la derivata parziale mista rispetto a x°
e a y° potrebbe essere dp^2#x°y°#.
La radice quadrata di a° si scrive a^1/2° oppure
a^0.5° ma ovviamente è lecito far
uso delle parentesi tonde per maggior
chiarezza ossia scrivere a^(1/2)° oppure
a^(0.5)°.

SI ADOTTA LA CONVENZIONE DI EINSTEIN SUGLI
INDICI DI UGUAL NOME MA DI DIVERSA COVARIANZA.
INDICI UGUALI INDICANO CONTRAZIONE PER
SOMMATORIA. 

Ad esempio il prodotto scalare tra due vettori 
a,° e b,° si fa prendendo l'equivalente 
controvariante di uno dei due ossia a;° 
o b;° e scrivendo:

a,i°b;i° == a,0°b;0° + a,1°b;1° + a,2°b;2° + a,3°b;3°

oppure, indifferentemente:

a;i°b,i° == a;0°b,0° + a;1°b,1° + a;2°b,2° + a;3°b,3°

In relatività ristretta esiste una grossa 
mancanza di standardizzazione delle
convenzioni di segnatura. Personalmente opto
per la scelta di Lev Landau ossia adotto 
la segnatura +,-,-,- (a differenza di altri 
autori che adottano la segnatura -,+,+,+ 
o la segnatura +,+,+,- usando il tempo
come ultima variabile e non come prima.
La segnatura -,+,+,+ avrebbe il vantaggio 
di permettere la trattazione quadridimensionale 
senza cambiare il segno delle componenti
spaziali tridimensionali ma... 
quella del Landau consente l'uso del simbolismo 
quaternionico e pertanto la preferisco ) 
e dunque il tensore metrico g;i;k° ha, 
come sole componenti non nulle, quelle 
diagonali ovvero:

g;0;0° == g,0,0° == +1;
g;1;1° == g,1,1° == -1;
g;2;2° == g,2,2° == -1;
g;3;3° == g,3,3° == -1;

Pertanto invece di scrivere prolissamente il 
passaggio di un vettore dalla forma 
covariante a,° alla controvariante a;°

   a;j° == g;j;k°a,k°

si possono scrivere esplicitamente le
relazioni valide per qualsiasi vettore:

   a;0° == +a,0°
   a;1° == -a,1°
   a;2° == -a,2°
   a;3° == -a,3°

In effetti il formalismo usato in 
relatività ristretta è "sovradimensionato"
perchè l'uso del tensore metrico g,j,k° 
è frequentissimo solo in relatività 
generale. Se non si usano
coordinate curvilinee, in relatività 
ristretta bastano le relazioni tra forma 
covariante e controvariante che sono state 
ora trascritte.
Si noti che, soltanto in relatività 
ristretta, il prodotto scalare tra due vettori
può essere scritto come:

a;i°b,i° == a,0°b,0° - a,1°b,1° - a,2°b,2° - a,3°b,3°

oppure come:

a;i°b,i° == a;0°b;0° - a;1°b;1° - a;2°b;2° - a;3°b;3°

sottintendendo le formule di passaggio tra
componenti controvarianti e covarianti
indicate sopra.

GLI INDICI COVARIANTE BARRASOTTO _ E 
CONTROVARIANTE TILDE ~ SONO UTILIZZATI QUANDO 
SI TRATTA DI INDICARE CHE L'INDICE RAPPRESENTA 
UNA DERIVATA COVARIANTE O CONTROVARIANTE 
OSSIA IL GRADIENTE TENSORIALE.

Nello spazio piatto chiamato galileiano da 
Lev Landau (e da Evgenij Lifšits nel notissimo libro
"Teoria dei campi" ),i simboli di Christoffel 
sono nulli e perciò in tale spazio il gradiente 
dello scalare a° si ottiene ponendo:

        a_i° == dp#x;i#a°

e per avere la forma controvariante:

        a~i° == g;i;k°dp#x;k#a°

Rammentiamo che la derivazione ordinaria di 
uno scalare coincide con la sua derivazione
covariante.
Nello spazio curvo per fare la derivazione 
covariante di vettori e tensori si devono
utilizzare i così detti simboli
di Christoffel che sono di due specie.

Si conviene che i simboli di Christoffel 
siano indicati rispettivamente da C;i,k,j# 
e da C,i,k,j# dove la moltiplicazione
operatoriale suggerita dal carattere terminale 
cancelletto # coincide con la normale 
moltiplicazione ma si è scelto volutamente 
il carattere terminale # per segnalare che 
i simboli di Christoffel NON sono tensori 
del terzo ordine ma fungono da 
operatori della derivazione tensoriale.
Va rammentato che entrambi i simboli sono
simmetrici rispetto allo scambio del secondo
e terzo indice ossia:

       C;i,j,k# == C;i,k,j#
       C,i,j,k# == C,i,k,j#

Le due varianti dei simboli di Christoffel
sono legati tra loro dalle identità:

       C,k,i,j# == g,k,m°C;m,i,j#
       C;k,i,j# == g;k;m°C,m,i,j#

Questo va precisato per segnalare che le presenti 
convenzioni sono pensate per essere usate anche
in relatività generale. In relatività
ristretta, ossia negli spazi piatti ovvero
galileiani, tutti i simboli di Christoffel
sono identicamente nulli e questo ci fa
tirare un enorme sospiro di sollievo.

Per ragioni di completezza ma anche per dare
un esempio di applicazione delle regole
qui enunciate bisogna ricordare che i
simboli di Christoffel di prima specie
sono derivabili dalle componenti covarianti
del tensore metrico in base a questa formula:

2C,k,i,j° = dp#x;j#g,i,k° + dp#x;i#g,j,k° - dp#x;k#g,i,j°

da cui è ovvia la simmetria rispetto al
secondo e terzo indice.

LA LISTA DELLE COMPONENTI DI UN VETTORE USA
LE PARENTESI GRAFFE SE L'INDICE E' CONTROVARIANTE
OSSIA SE E' UN APICE E LE PARENTESI QUADRE
SE L'INDICE E' COVARIANTE O INDETERMINATO
OSSIA E' UN PEDICE. PER EVITARE
CONFUSIONE CON IL CARATTERE VIRGOLA , USATO PER
I PEDICI COVARIANTI, GLI ELEMENTI DELLA LISTA
VANNO SEPARATI DAL CARATTERE CONTROBARRA \.

Ad esempio posso listare le componenti
del vettore a,° scrivendo:

a,i° == [ a,0° \ a,1° \ a,2° \ a,3°]

e in forma controvariante:

a;i° == { a;0° \ a;1° \ a;2° \ a;3°}

Un tensore del secondo ordine è una matrice
ossia un vettore di vettori e dunque, ad esempio,
il tensore metrico g,i,k° può essere
scritto come:

g,i,k° == [[g,0,0°\\\]\[\g,1,1°\\]\
           [\\g,2,2°\]\[\\\g,3,3°]]

dove le componenti non indicate si intendono
nulle.

ANCHE LE FUNZIONI DEBBONO ESSERE CONCLUSE DA
UNO DEI CINQUE CARATTERI FINALI AMMESSI
( OSSIA °|'|"|`|# ) MENTRE LA LISTA
DEGLI ARGOMENTI DELLA FUNZIONE VA RACCHIUSA
IN PARENTESI TONDE ( LE STESSE CHE SI USANO
PER SPECIFICARE LE PRIORITA' NELLE OPERAZIONI
ARITMETICHE ) E GLI ARGOMENTI SEPARATI
DAL CARATTERE CONTROBARRA \.
 
Queste norme evitano ambiguità nelle espressioni.
Ad esempio exp(a°+b°)° indica la funzione exp()°
applicata all'argomento scalare a°+b° mentre
se scrivo exp°(a°+b°) intendo il prodotto dello
scalare exp° per lo scalare a°+b° racchiuso tra
parentesi perché exp°a°+b° vorrebbe dire sommare 
a b° il prodotto di exp°a°.
Nei linguaggi di programmazione più diffusi 
gli elementi di una lista vengono
separati da virgole ma qui si
preferisce usare il più insolito carattere 
controbarra riservando alla virgola la sola funzione di
segnalare la covarianza di un pedice.

PER EVITARE AMBIGUITA' TRA L'OPERAZIONE DI 
ASSEGNAZIONE DI UN VALORE AD UNA VARIABILE
E L'AFFERMAZIONE CHE DUE ESPRESSIONI SONO
FORMALMENTE IDENTICHE SI USA = PER ASSEGNARE
E == PER INDICARE L'IDENTITA' TRA ESPRESSIONI.

Spesso usare = in luogo di == non produce 
ambiguità ma, a livello di queste convenzioni,
è opportuno ribadire la differenza di
significato fra il simbolo uguale semplice e
il simbolo di uguale raddoppiato.

PER ADOTTARE REGOLE SENZA ECCEZIONI DATO
CHE +|-|*|/|^ SONO SIMBOLI DI OPERATORI
ARITMETICI ( ^ E' L'ELEVAMENTO A POTENZA),
SI PREFERISCE EVITARE L'USO DI + 
E DI -  COME PARTE DELL'ESPRESSIONE DI 
UN NUMERO IN NOTAZIONE ESPONENZIALE
E SI USA ep IN LUOGO DI e+ OSSIA DI
POTENZE DEL DIECI POSITIVE MENTRE SI
USA em IN LUOGO DI e- OSSIA DI POTENZE
DEL DIECI NEGATIVE.

In pratica 1.0ep3 vuol dire mille mentre 1.0em3
vuol dire un millesimo. La notazione esponenziale
usata nei normali linguaggi di programmazione
è ambigua perché 1.0e+3 oppure 1.0e-3 fa 
un uso "interno" dei caratteri + e - ed
è resa non ambigua dal fatto che l'operatore
di moltiplicazione * va sempre indicato.
Se però la moltiplicazione può essere
sottointesa ecco che nascono ambiguità
che è meglio evitare... 

SOLITAMENTE I LINGUAGGI DI PROGRAMMAZIONE USANO
IL CARATTERE PUNTOEVIRGOLA ; PER SPECIFICARE
LA FINE DI UNA ESPRESSIONE MA ESSENDO QUI
USATO IL PUNTOEVIRGOLA COME INDICE DI
CONTROVARIANZA SI ADOTTA IL CARATTERE
DOLLARO $ COME FINE DI UNA FORMULA
USATO PER LA NUMERAZIONE

Ad esempio La formula della definizione dei 
simboli di Christoffel di prima specie, alquanto
lunga, può essere delimitata e numerata come
sessantaquattresima scrivendola:

2 C,k,i,j° = dp#x;j#g,i,k° + 
             dp#x;i#g,j,k° - dp#x;k#g,i,j°  $64$


Le presenti regole ( regole GB8NI200707 ) sono alquanto deducibili in modo intuitivo dal contesto ma certamente è utile conoscerle avendo sotto mano il presente documento.
Certamente alcune scelte saranno criticabili e sono sempre pronto a decifrare documenti di puro testo scritti da altri e basati su altre regole prive di ambiguità. L'importante è che sia possibile il dialogo per posta elettronica tra persone che debbono esprimersi usando formule matematiche e sono impossibilitati a scrivere in altro modo che non in solo testo. Spero che, con queste regole, la trascrizione delle formule in forma matematica classica non debba presentare ambiguità.
Posseggo la sesta edizione di "Teoria dei campi" acquistata il 22 aprile 1980. Si tratta dell'edizione del dicembre 1972 curata dal solo E. Lifšits, dopo la morte di Landau. Si tratta di un libro storico, uscito a Mosca, nella prima edizione, nel lontano dicembre 1939 e nella seconda, a Mosca, nel giugno 1947. Gli autori ricevettero, per questo libro, il premio Lenin nel 1962. Lev Landau ricevette il premio Nobel per la Fisica nel 1962 e in quello stesso anno di onori e di tragedia, a soli 44 anni fu vittima di un gravissimo incidente automobilistico che lo allontanò dai laboratori fino alla sua morte, nel 1968, a cinquan'anni.