Data la necessita' di scrivere formule matematiche
in documenti di puro testo ( come le missive di
posta elettronica dette missivele), stabilisco qui
una serie di convenzioni a cui cerchero' di attenermi
rigorosamente. Inviando queste convenzioni
al mio destinatario sara' possibile evitare
equivoci e il ricevente potra' trascrivere
fedelmente le formule nella loro notazione
standard.
Le convenzioni tengono conto delle necessita' del calcolo
tensoriale il quale fa largo uso di indici scritti in alto
(detti controvarianti o apici) e di indici scritti in basso
(detti covarianti o pedici).
Elenco ora le convenzioni scritte a lettere maiuscole
e seguite da commenti esplicativi ma anche
integrativi e da esempi scritti tutti in minuscolo.
IL NOME DELLE VARIABILI E' COSTITUITO DA VARI
CARATTERI ALFANUMERICI ( CARATTERI ALFABETICI CON
DISTINZIONE TRA MAIUSCOLI E MINUSCOLI E CIFRE ).
IL NOME INIZIA CON UN CARATTERE ALFABETICO
E DEVE SEMPRE ESSERE CONCLUSO DA UN CARATTERE
TERMINALE SCELTO TRA I SEGUENTI CINQUE: °|'|"|`|#.
IL CARATTERE GRADO ° INDICA UNA VARIABILE
SCRITTA IN MODO NORMALE O CORSIVO MENTRE IL
CARATTERE CONTROAPICE ` INDICA UN NOME
SCRITTO IN GRASSETTO.
IL CARATTERE PRIMO ' E SECONDO " SERVONO DI SOLITO
PER INDICARE VARIABILI DERIVATE TOTALI PRIME E
SECONDE RISPETTO AD UNA SOTTINTESA
VARIABILE INDIPENDENTE MA POSSONO ESSERE
USATI SEMPLICEMENTE PER CREARE VARIANTI
DI NOMI TERMINATI IN ALTRO MODO.
DIVERSI TERMINATORI CONSECUTIVI INDICANO
UN CARATTERE TERMINALE COMPLESSO ED
OVVIAMENTE LA RACCOMANDAZIONE E' QUELLA
DI USARE CARATTERI TERMINALI COMPLESSI
SOLO SE STRETTAMENTE NECESSARIO.
SE L'ULTIMO DEI CARATTERI TERMINALI
E' UN CANCELLETTO # VUOL DIRE CHE IL SIMBOLO
HA FUNZIONE DI OPERATORE E DUNQUE
LA VARIABILE CHE SEGUE ( E QUELLA CHE PRECEDE
SE L'OPERATORE E' BINARIO ) VIENE MOLTIPLICATA IN
SENSO OPERATORIALE (DUNQUE NON NECESSARIAMENTE
USANDO UNA MOLTIPLICAZIONE ARITMETICA).
Sulla tastiera italiana manca il carattere
controapice corrispondente all'unicode `
ottenibile con la combinazione Alt+096.
Non essendo possibile usare caratteri greci
o in corsivo o in grassetto e' obbligatorio far
uso di nomi costituiti da piu' caratteri.
Il carattere terminale deve essere veramente
l'ultimo carattere del nome ma fa parte del
nome ossia variabili con caratteri terminali
diversi sono diverse.
Non e' obbligatorio ma, per esempio,
il simbolo di derivata totale rispetto a t°
potrebbe essere indicato con d#t°# mentre
il simbolo di derivata parziale rispetto
a x° potrebbe essere dp#x°#.
( preferisco d#t°# al piu' prolisso d#dt°#
e dp#x°# piuttosto che dp#dx°# dato che,
trattandosi di derivazione, e' ovvio che si
parli di differenziali di variabili e non
direttamente di variabili ).
Se dunque si vuol derivare la funzione a°==
a(t°)° rispetto a t° si deve scrivere d#t°#a°.
L'integrale indefinito rispetto
alla variabile x° potrebbe essere indicato
da SS#x°# mentre l'integrale definito
tra a° e b° potrebbe essere scritto come SS#a°#b°#x°#
ossia in modo un po' lungo ma non equivoco.
Gli operatori del calcolo vettoriale
possono essere indicati con rotore rot#
(in inglese curl#) , gradiente grad#,
divergenza div# , nabla# e cosi' via.
Il prodotto scalare puo' essere
scritto come scal# ed il prodotto esterno
ovvero vettoriale puo' essere scritto con
il simbolo vet#. Pertanto rot# corrisponde
a nabla#vet# mentre div# corrisponde a nabla#scal#.
Se r` e' un vettore che, normalmente,
andrebbe scritto in grassetto (detto bold
in inglese), r° rappresenta
la sua norma che, solitamente, viene
rappresentata usando lo stesso simbolo ma in
corsivo ( detto italico in inglese ) .
Se poi scrivessi a`' sarebbe intuitivo
supporre che si tratta del vettore derivato
di a` rispetto alla variabile indipendente
sottintesa (ad esempio il tempo o
il tempo proprio).
La derivata prima di a° si scrive,
concisamente ma intuitivamente come a' ma
se si vuole enfatizzare il fatto che
riguardi a° e non a` si potrebbe scegliere
di scriverla a°'.
Dato che gli indici non hanno carattere
terminale non e' ammesso sottintendere
la moltiplicazione degli indici
e dunque oltre a poter scrivere a!j+1°
debbo obbligatoriamente scrivere a!k*2-1°
perché k2 verrebbe inteso come il
nome di un indice composto da due caratteri.
LO SPAZIO/I BIANCO/I SUCCESSIVO AD UN NUMERO
COMPOSTO DA PIU' CIFRE E' AMMESSO COME
CARATTERE TERMINALE. QUALSIASI CARATTERE
TERMINALE POSTO AL TERMINE DI UN NUMERO
NON NE CAMBIA IL VALORE ESPLICITO
MA PUO' SERVIRE A SEGNALARE L'USO
DI UNA PARTICOLARE UNITA' DI MISURA.
SE DUE NUMERI CON CARATTERE TERMINALE
DIVERSO SONO SCRITTI CONSECUTIVAMENTE
L'OPERAZIONE IMPLICITA NON E' LA MOLTIPLICAZIONE
MA L'ADDIZIONE E I NUMERI, PRIMA DI ESSERE
SOMMATI SONO IMPLICITAMENTE TRASFORMATI
NELL'UNITA' DI MISURA DEL PRIMO ADDENDO.
Si tratta di una regola che, se non
conosciuta si presta a fraintendimenti
e quindi sarebbe opportuno citarla prima di
scrivere, ad esempio 1° == 60' essendo inteso
che i numeri seguiti da ° indicano gradi, quelli
terminati con ' indicano primi ossia
sessantesimi di grado e quelli
seguiti da " indicano secondi ossia tremilaseicentesimi
di grado. Il risultato di 9°30'18" sarebbe
9.505 gradi ossia 9.505° ossia 9+30/60+18/3600 .
Si noti che scrivendo 30'9°18" si
ottiene 570.3 primi ossia 570.3' e
scrivendo 18"9°30' si ottiene 34218 secondi
ossia 34218".
Tuttavia e' evidente la cervelloticita'
della regola che, se ignorata,
produce fraintendimenti e confusione
e quindi il suggerimento e' di ribadirla
esplicitamente o meglio, se possibile, non
farne uso.
I SETTE CARATTERI :|!|@|~|^|%|§ FUNGONO DA INDICI.
I NOMI DEGLI INDICI SONO PRECEDUTI DAI CARATTERI
CHE INDICANO LA LORO NATURA E CHE SONO ANTEPOSTI
AL NOME VERO E PROPRIO E NON FANNO USO
DI CARATTERE TERMINALE.
I CARATTERI PUNTOESCLAMATIVO ! E TILDE ~ INDICANO
UN INDICE IN ALTO DETTO APICE O, IN LINGUAGGIO
TENSORIALE, CONTROVARIANTE.
I CARATTERI DUEPUNTI : E CHIOCCIOLA @ INDICANO
UN INDICE IN BASSO DETTO PEDICE O, IN LINGUAGGIO
TENSORIALE, COVARIANTE.
I CARATTERI PERCENTO % , SEZIONE § E CAPPELLETTO ^
NON HANNO NATURA CO- O CONTRO-VARIANTE BENCHE' PRECEDANO
UN INDICE VARIAMENTE POSIZIONATO IL PERCENTO E LA
SEZIONE E UN APICE IL CAPPELLETTO.
I CARATTERI PERCENTO E SEZIONE SERVONO QUANDO SI
DEVE ENUMERARE IN QUALCHE MODO UNA SERIE DI COMPONENTI
SENZA CHE TALI COMPONENTI ABBIANO SENSO COVARIANTE
O CONTROVARIANTE.
IL CONTRAPPOSTO DEL CARATTERE PERCENTO E' IL
CARATTERE SEZIONE E QUESTO CONSENTE DI
APPLICARE LA CONVENZIONE DI EINSTEIN, ESPOSTA
IN SEGUITO, ANCHE ALLA COPPIA DI INDICI
PERCENTO E SEZIONE.
IL CAPPELLETTO E' INDICATIVO DELL'ELEVAZIONE A POTENZA
E VA POSTO ALLA FINE DEGLI ALTRI INDICI.
IL CARATTERE TERMINALE DI FINE VARIABILE
VA POSTO DOPO LA EVENTUALE SEQUENZA DI
APICI E PEDICI ESPLICITATI.
IN AMBITO TENSORIALE L'ASSENZA DI INDICI COVARIANTI
O CONTROVARIANTI INDICA UNO SCALARE,
UN SOLO INDICE INDICA UN VETTORE, DUE INDICI
UN TENSORE DEL SECOND'ORDINE E COSI' VIA.
DATO CHE I NOMI DEGLI INDICI NON DEVONO
AVERE CARATTERE TERMINALE, SE OCCORRESSE USARE
COME INDICE UNA VARIABILE CON CARATTERE TERMINALE
SI DEVE RACCHIUDERE L'INDICE TRA PARENTESI
TONDE.
Sulla tastiera italiana manca il carattere tilde
ossia ~ che corrisponde, in Unicode, a ~
e si ottiene premendo Alt+126.
Per evidenziare la natura vettoriale di una
variabile e' ammesso sottintendere la variabile
che rappresenta l'indice ma occorre specificare
sempre il carattere indicativo ossia a:° e'
un vettore le cui componenti possono essere
genericamente indicate con a:i° se in forma
covariante oppure con a!i° se in forma
controvariante. In relativita' la numerazione
delle componenti parte da 0 che e' la componente
temporale mentre le componenti spaziali sono
la 1,2 e 3.Dunque la componente temporale di a:i°
e' a:0° mentre le tre componenti spaziali
sono a:1°,a:2°,a:3°. Lo stesso vettore ma in
forma controvariante ha le componenti a!0°,
a!1°,a!2° e a!3°. Il tensore metrico
che consente di trasformare un vettore in
forma controvariante nell'analogo in
forma covariante si indica solitamente con g::°
se doppiamente covariante oppure con g!!°
se doppiamente controvariante.
Se debbo elevare a° alla potenza b° cosi'
scritta perche' definita altrove,
debbo scrivere a^(b°)° per evitare equivoci
che nascerebbero scrivendo a^b°° perché in
questo caso potrei intendere di aver elevato
lo scalare a°° alla potenza b (che essendo un
indice non ha carattere terminale).
A rigore la derivata totale rispetto
a x° andrebbe scritta come d#(x°)# ma
se non esiste ambiguita' e' abbreviabile in d#x°#
ossia accettando il rischio dell'equivoco
che °# sia un insolito carattere terminale.
La derivata seconda sarebbe d^2#x^2°#
e la derivata parziale mista rispetto a x°
e a y° potrebbe essere dp^2#x°y°#.
Se dal testo risulta chiaro che
viene fatto uso di derivate parziali
rispetto a un vettore di variabili, indicato
con x!i°, invece di scrivere, prolissamente,
dp#x!i°# si potra' scrivere dp:i# ossia
usando un operatore vettoriale covariante.
La radice quadrata di a° si scrive a^1/2° oppure
a^0.5° ma ovviamente e' lecito far
uso delle parentesi tonde per maggior
chiarezza ossia scrivere a^(1/2)° oppure
a^(0.5)°.
SI ADOTTA LA CONVENZIONE DI EINSTEIN SUGLI
INDICI DI UGUAL NOME MA DI DIVERSA COVARIANZA.
INDICI UGUALI INDICANO CONTRAZIONE PER
SOMMATORIA. GLI INDICI PERCENTO E SEZIONE
PUR NON AVENDO SIGNIFICATO DI COVARIANZA O
CONTROVARIANZA SONO TRA LORO COMPLEMENTARI
E INTERSCAMBIABILI. CAMBIANDO UN INDICE DA PERCENTO
A SEZIONE O VICEVERSA NON CAMBIA IL VALORE
DELLA GRANDEZZA MA SE LO STESSO INDICE VIENE
RIPETUTO COME PERCENTO E COME SEZIONE
QUESTO INDICA CHE VA FATTA LA SOMMMATORIA
Ad esempio il prodotto scalare tra due vettori
a:° e b:° si fa prendendo l'equivalente
controvariante di uno dei due ossia a!°
o b!° e scrivendo:
a:i°b!i° == a:0°b!0° + a:1°b!1° + a:2°b!2° + a:3°b!3°
oppure, indifferentemente:
a!i°b:i° == a!0°b:0° + a!1°b:1° + a!2°b:2° + a!3°b:3°
Anche senza impliciti significati tensoriali
scrivere a%j°b§j° simboleggia la sommatoria
per l'intero intervallo di valori dell'indice
ripetuto ossia equivale a scrivere a%1°b§1° +
a%2°b§2° + ... + a%(n°)°b§(n°)° se l'intervallo
di valori dell'indice j va da 1 a n°.
Resta inteso che scrivere a%j° o a§j° e'
del tutto equivalente dato che l'uso
di entrambi i caratteri serve solo a
indicare sinteticamente la sommatoria.
Notare che, in genere, a:j° e' diverso da a!j°
ossia l'uso di un indice covariante o
controvariante ha diverso significato mentre
l'uso di % o di § e' completamente equivamente
ovvero scrivere b%j° e' esattamente come scrivere
b§j° dato che la distinzione serve solo
a consentire l'applicazione della convenzione di
Einstein sulla sommatoria. In ambito
tensoriale, se si usa un sistema di riferimento
euclideo ortogonale le componenti covarianti
sono identiche alle controvarianti e dunque,
volendo attribuire comunque a % un senso covariante
e a § un senso controvariante si intendera'
che trattasi di spazio euclideo ortogonale
(modo complicato per dire che e' indifferente
scrivere a%i° o a§i° )
In relativita' ristretta esiste una grossa
mancanza di standardizzazione delle
convenzioni di segnatura. Personalmente opto
per la scelta di Lev Landau ossia adotto
la segnatura +,-,-,- (a differenza di altri
autori che adottano la segnatura -,+,+,+
o la segnatura +,+,+,- usando il tempo
come ultima variabile e non come prima.
La segnatura -,+,+,+ avrebbe il vantaggio
di permettere la trattazione quadridimensionale
senza cambiare il segno delle componenti
spaziali tridimensionali ma...
quella del Landau consente l'uso del simbolismo
quaternionico e pertanto la preferisco )
e dunque il tensore metrico g!i!k° ha,
come sole componenti non nulle, quelle
diagonali ovvero:
g!0!0° == g:0:0° == +1;
g!1!1° == g:1:1° == -1;
g!2!2° == g:2:2° == -1;
g!3!3° == g:3:3° == -1;
Pertanto invece di scrivere prolissamente il
passaggio di un vettore dalla forma
covariante a:° alla controvariante a!°
a!j° == g!j!k° a:k°
si possono scrivere esplicitamente le
relazioni valide per qualsiasi vettore:
a!0° == +a:0°
a!1° == -a:1°
a!2° == -a:2°
a!3° == -a:3°
In effetti il formalismo usato in
relativita' ristretta e' "sovradimensionato"
perche' l'uso del tensore metrico g:j:k°
e' frequentissimo solo in relativita'
generale. Se non si usano coordinate
curvilinee, in relativita' ristretta
bastano le relazioni tra forma
covariante e controvariante che sono state
ora trascritte.
Si noti che, soltanto in relativita'
ristretta, il prodotto scalare tra due vettori
puo' essere scritto come:
a!i°b:i° == a:0°b:0° - a:1°b:1° - a:2°b:2° - a:3°b:3°
oppure come:
a!i°b:i° == a!0°b!0° - a!1°b!1° - a!2°b!2° - a!3°b!3°
sottintendendo le formule di passaggio tra
componenti controvarianti e covarianti
indicate sopra.
GLI INDICI COVARIANTE CHIOCCIOLA @ E
CONTROVARIANTE TILDE ~ SONO UTILIZZATI QUANDO
SI TRATTA DI INDICARE CHE L'INDICE RAPPRESENTA
UNA DERIVATA COVARIANTE O CONTROVARIANTE
OSSIA IL GRADIENTE TENSORIALE.
QUESTA CONVENZIONE E' NON TRADIZIONALE DATO
CHE IN GENERE SI USA IL PUNTOEVIRGOLA
O LA BARRA PER INDICARE DERIVAZIONE.
Nello spazio piatto con tensore metrico ad elementi
costanti, chiamato galileiano da Lev Landau
(e da Evgenij Lifšits nel notissimo libro
"Teoria dei campi" ),i simboli di Christoffel
sono nulli (dato che la derivata delle costanti vale zero)
e percio' in tale spazio il gradiente
dello scalare a° si ottiene ponendo:
a@i° == dp#x!i°# a°
Se dal contesto risulta chiaro si potra' scrivere
piu' concisamente:
a@i° == dp:i# a°
e per avere la forma controvariante:
a~i° == g!i!k°dp#x!k°# a°
ovvero, concisamente:
a~i° == g!i!k°dp:k# a°
Rammentiamo che la derivazione ordinaria di
uno scalare coincide con la sua derivazione
covariante.
Nello spazio con tensore metrico non
costante ( sia piano che curvo ),
per fare la derivazione covariante di
vettori e tensori si devono
utilizzare i cosi' detti simboli
di Christoffel che sono di due specie;
Quelli si "seconda specie" sono i piu' usati
ma quelli di prima specie hanno una espressione
piu' semplice in termini di derivate parziali
del tensore metrico.
AGGIUNGENDO UN ASTERISCO ALL'INDICE OSSIA
USANDO LA COPPIA @* O ~* SI IMPONE
L'USO DELLA SOLA DERIVAZIONE ORDINARIA OSSIA
SENZA USO DI SIMBOLI DI CHRISTOFFEL.
Dato che derivata covariane e ordinaria coincidono
se applicate ad uno scalare, l'uso
dell'asterisco giova solo in caso di derivazione
ordinaria di vettori, tensori del secondo ordine,
terzo etc.
La derivazione ordinara non produce tensori
tranne nel caso in cui tutti i simboli di Christoffel
siano nulli ossia quando il tensore
metrico e' costante.
Se dunque A:i° e' un generico vettore covariante
si ottiene:
A:i@*j° == dp#x!j°# A:i°
Si conviene che i simboli di Christoffel
siano indicati rispettivamente da Ch:i:k:j#
quello di prima specie e da Ch!i:k:j# il piu'
importante ossia quello di seconda specie;
la moltiplicazione operatoriale suggerita
dal carattere terminale cancelletto # coincide
con la normale moltiplicazione ma si e' scelto
volutamente il carattere terminale # per
segnalare che i simboli di Christoffel
NON SONO TENSORI del terzo ordine ma fungono da
operatori della derivazione tensoriale.
Va rammentato che entrambi i simboli sono
simmetrici rispetto allo scambio del secondo
e terzo indice ossia:
Ch!i:j:k# == Ch!i:k:j#
Ch:i:j:k# == Ch:i:k:j#
Le due varianti dei simboli di Christoffel
sono legate tra loro dalle identita':
Ch:k:i:j# == g:k:m° Ch!m:i:j#
Ch!k:i:j# == g!k!m° Ch:m:i:j#
Questo va precisato per segnalare che le presenti
convenzioni sono pensate per essere usate anche
in relativita' generale. In relativita'
ristretta, negli spazi a tensore metrico
costante ovvero galileiani, tutti i simboli
di Christoffel essendo fatti da derivate prime
del tensore metrico, sono identicamente nulli
e questo ci fa tirare un enorme sospiro di sollievo.
Per ragioni di completezza ma anche per dare
un esempio di applicazione delle regole
qui enunciate, bisogna ricordare che i
simboli di Christoffel di prima specie
sono derivabili dalle componenti covarianti
del tensore metrico in base a questa formula:
Ch:k:i:j# == ( dp#x!j°# g:i:k° +
dp#x!i°# g:j:k° - dp#x!k°# g:i:j° )/2
o, piu' concisamente:
Ch:k:i:j# == ( dp:j# g:i:k° +
dp:i# g:j:k° - dp:k# g:i:j° )/2
o, ancora piu' concisamente usando @* per indicare
la derivazione parziale ordinaria:
Ch:k:i:j# == ( g:i:k@*j° + g:j:k@*i° - g:i:j@*k° )/2
da cui e' ovvia la simmetria rispetto al
secondo e terzo indice.
Se si indica con D# il differenziale covariante
e con d# quello normale, detto A!i° un generico vettore
in forma controvariante e A:i° lo stesso
in forma covariante, valgono le relazioni:
D#A!i° == d#A!i° + Ch!i:p:q#A!p°dx!q°
D#A:i° == d#A:i° - Ch!p:i:q#A:p°dx!q°
Analogamente si definiscono le derivate
covarianti del generico vettore, espresso in forma
controvariante o covariante:
A!i@j° == dp#x!j°# A!i° + Ch!i:q:j# A!q°
A:i@j° == dp#x!j°# A:i° - Ch!q:i:j# A:q°
o, piu' concisamente:
A!i@j° == dp:j# A!i° + Ch!i:q:j# A!q°
A:i@j° == dp:j# A:i° - Ch!q:i:j# A:q°
o, ancora piu' concisamente usando la
coppia @* della derivazione ordinaria:
A!i@j° == A!i@*j° + Ch!i:q:j# A!q°
A:i@j° == A:i@*j° - Ch!q:i:j# A:q°
Il tensore metrico ha derivata covariante
nulla, il che si esprime scrivendo:
g:i:j@k° == 0
Mentre g:i:j@*k° e' nullo solo se g:i:j°
e' una costante.
Tutto questo dovrebbe bastare per chiarire
l'uso del carattere chiocciola come indice
di derivazione covariante.
LA LISTA DELLE COMPONENTI DI UN VETTORE USA
LE PARENTESI GRAFFE SE L'INDICE E' CONTROVARIANTE
OSSIA SE E' UN APICE E LE PARENTESI QUADRE
SE L'INDICE E' COVARIANTE O INDETERMINATO
OSSIA E' UN PEDICE.
Ad esempio posso listare le componenti
del vettore a:° scrivendo:
a:i° == [ a:0° , a:1° , a:2° , a:3°]
e in forma controvariante:
a!i° == { a!0° , a!1° , a!2° , a!3°}
Un tensore del secondo ordine e' una matrice
ossia un vettore di vettori e dunque, ad esempio,
il tensore metrico g:i:k° puo' essere
scritto come:
g:i:k° == [[g:0:0°,,,],[,g:1:1°,,],
[,,g:2:2°,],[,,,g:3:3°]]
dove le componenti non indicate si intendono
nulle. Alternativamente posso scrivere:
g:i:j° == diag( g:0:0°, g:1:1°, g:2:2° , g:3:3° )°
ma in questo caso faccio uso della funzione
diag()° che trasforma una sequenza di argomenti
in una matrice con elementi nulli tranne che
sulla diagonale principale.
ANCHE LE FUNZIONI DEBBONO ESSERE CONCLUSE DA
UNO DEI CINQUE CARATTERI FINALI AMMESSI
( OSSIA °|'|"|`|# ) MENTRE LA LISTA
DEGLI ARGOMENTI DELLA FUNZIONE VA RACCHIUSA
IN PARENTESI TONDE ( LE STESSE CHE SI USANO
PER SPECIFICARE LE PRIORITA' NELLE OPERAZIONI
ARITMETICHE ).
Queste norme evitano ambiguita' nelle espressioni.
Ad esempio exp(a°+b°)° indica la funzione exp()°
applicata all'argomento scalare a°+b° mentre
se scrivo exp°(a°+b°) intendo il prodotto dello
scalare exp° per lo scalare a°+b° racchiuso tra
parentesi perché exp°a°+b° vorrebbe dire sommare
a b° il prodotto di exp°a°.
Quando si vuol evidenziare da che variabili
dipendono le componenti di un vettore o un tensore,
la lista degli argomenti va scritta subito
dopo il nome e non dopo la lista degli
indici. Ad esempio, per indicare che il
tensore metrico dipende dalle coordinate ossia
dal vettore x!° scrivero', sottintendendo
gli indici:
g::° == g( x!° )::°
oppure, piu' prolissamente:
g:i:j° = g( x!k° ):i:j°
In quattro dimensioni, infatti, il tensore metrico,
matrice simmetrica, e' l'insiene di 10 funzioni
delle coordinate spazio-temporali.
PER EVITARE AMBIGUITA' TRA L'OPERAZIONE DI
ASSEGNAZIONE DI UN VALORE AD UNA VARIABILE
E L'AFFERMAZIONE CHE DUE ESPRESSIONI SONO
FORMALMENTE IDENTICHE SI USA = PER ASSEGNARE
E == PER INDICARE L'IDENTITA' TRA ESPRESSIONI.
Spesso usare = in luogo di == non produce
ambiguita' ma, a livello di queste convenzioni,
e' opportuno ribadire la differenza di
significato fra il simbolo uguale semplice e
il simbolo di uguale raddoppiato.
PER ADOTTARE REGOLE SENZA ECCEZIONI DATO
CHE +|-|*|/|^ SONO SIMBOLI DI OPERATORI
ARITMETICI ( ^ E' L'ELEVAMENTO A POTENZA),
SI PREFERISCE EVITARE L'USO DI +
E DI - COME PARTE DELL'ESPRESSIONE DI
UN NUMERO IN NOTAZIONE ESPONENZIALE
E SI USA ep IN LUOGO DI e+ OSSIA DI
POTENZE DEL DIECI POSITIVE MENTRE SI
USA em IN LUOGO DI e- OSSIA DI POTENZE
DEL DIECI NEGATIVE.
In pratica 1.0ep3 vuol dire mille mentre 1.0em3
vuol dire un millesimo. La notazione esponenziale
usata nei normali linguaggi di programmazione
e' ambigua perché 1.0e+3 oppure 1.0e-3 fa
un uso "interno" dei caratteri + e - ed
e' resa non ambigua dal fatto che l'operatore
di moltiplicazione * va sempre indicato.
Se pero' la moltiplicazione puo' essere
sottointesa ecco che nascono ambiguita'
che e' meglio evitare...
PER SCRIVERE MARCHE HTML O XML OCCORRE EVITARE DI
USARE I CARATTERI USATI REALMENTE DALL'HTML O XML
OSSIA IL CARATTERE MAGGIORE E MINORE
CHE SERVONO A DELIMITARE LE REGIONI
IN CUI SONO SPECIFICATI IL NOME E
GLI ATTRIBUTI DELLE MARCHE.
LA MARCA INIZIALE SI DEVE SCRIVERE USANDO
LA COPPIA MISTA GRAFFA APERTA { QUADRA CHIUSA ]
CHE DELIMITANO NOME ED ARGOMENTI
MENTRE LA MARCA FINALE SI SCRIVE USANDO
LA COPPIA MISTA QUADRA APERTA [ E GRAFFA
CHIUSA } CHE DELIMITANO IL NOME CHE, IN HTML,
ANDREBBE PRECEDUTO DA UNA BARRA.
NELLA REGIONE DELIMITATA DA { E CONCLUSA DA ]
I CARATTERI APICE E DOPPIO APICE CONSERVANO LA FUNZIONE
TIPICA DELL'HTML OSSIA NON E' AMMESSO USARLI
COME CARATTERI TERMINALI DI NOMI.
PER RAPPRESENTARE UNA MARCA SENZA CONTENUTO
INTERNO, SI SCRIVE LA SEQUENZA {...]} OSSIA SI CHIUDE
SUBITO CON UNA PARENTESI GRAFFA CHIUSA.
Ad esempio {html]{head]{title]Prova[title}
[head}{body style="color:red"]Un semplice
esempio{br]}E' tutto chiaro ?[body}[html}
rappresenta un minuscolo documento HTML
il cui significato e' facilmente intuibile
da chi conosce le regole dell'HTML e dell'XML.
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